Oggi vi portiamo la testimonianza di un anno pieno di soddisfazioni!
Come vi diciamo sempre, ci sono progetti di volontariato con i Corpi Europei di Solidarietà per tutti i gusti. Federica è stata brava a scegliere un progetto che avesse direttamente a che fare con la sua passione, ovvero il videomaking. Cosa ha fatto? Cosa ha imparato? Quali sfide ha dovuto affrontare? Scoprilo leggendo il testo qui sotto!
“Sono partita per la Svezia un anno fa senza sapere esattamente cosa aspettarmi. Nei primi sei mesi ho lavorato allo Youth Centre di Svenljunga, affiancando il team nell’organizzazione di attività per i giovani. Ho proposto nuovi eventi, come la visione di documentari su rapper per esplorare la cultura hip hop e la condivisione della cultura italiana attraverso il cibo. Durante l’estate, ho anche aiutato i ragazzi coinvolti nel lavoro estivo a creare contenuti per i social media del BUS (Barn och Unga i Svenljunga), rafforzando così le mie competenze nel digital content creation e nella comunicazione. Parallelamente, ho avuto l’opportunità di sviluppare, dirigere ed editare Home as a Feeling: Lives in Svenljunga, un documentario realizzato insieme a Balma, la mia coinquilina e volontaria come me, e Gabi, un’amica conosciuta durante questa esperienza. Abbiamo intervistato tre persone—Erhan, Yuliia e Zeinab—che ci hanno affidato le loro storie di migrazione, raccontandoci cosa significhi essere costretti ad abbandonare il proprio paese d’origine. Lavorare a questo progetto è stata una grande responsabilità, ma anche un privilegio: ho dovuto gestire il budget ricevuto dall’organizzazione Kultur Ungdom di Göteborg, imparando a pianificare le risorse in modo efficace, e ho collaborato con il comune di Svenljunga, che ci ha fornito l’attrezzatura necessaria per le riprese. Questa esperienza mi ha permesso di esplorare come le esperienze personali e le emozioni possano essere raccontate attraverso diversi linguaggi espressivi, come il cinema o il gioco. Essere circondata da persone di età e background diversi ha stimolato la mia curiosità e apertura, aiutandomi ad apprezzare i tanti modi in cui idee ed emozioni vengono condivise attraverso l’arte, il cibo, la lingua e le tradizioni. Dirigere il documentario mi ha anche dato l’opportunità di avere conversazioni profonde con persone che hanno condiviso con me le loro esperienze. Questo mi ha insegnato l’importanza dell’ascolto attivo, del porre domande mirate e della comunicazione empatica e sensibile. Durante questo anno, ho approfondito la mia conoscenza della lingua inglese, diventando più sicura nell’esprimermi sia oralmente che per iscritto. Ho iniziato a studiare lo svedese frequentando l’SFI (Swedish for Immigrants) nei primi mesi e ho poi continuato in autonomia, raggiungendo un livello di comprensione A1-A2. Inoltre, scrivere i sottotitoli in svedese per il documentario mi ha aiutato a vedere la lingua come un ponte tra culture diverse. Ho imparato a lavorare in team, a gestire imprevisti con flessibilità e a portare avanti un progetto dall’idea alla realizzazione concreta. Più di tutto, mi ha resa più consapevole delle dinamiche sociali e culturali che ci circondano, rafforzando il mio senso di responsabilità sociale e il mio impegno nel favorire il dialogo, la comprensione e la sostenibilità all’interno di comunità diverse. If I have to describe this year, it would be “Roller coaster”.
